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Ambiente

Le trivelle nel Belice

44 anni dopo il terremoto, la Sicilia Occidentale rischia di diventare un immenso parco petrolifero. La richiesta di esplorazione è stata presentata dalla società Enel Longanesi Developments srl, e riguarda sette Comuni dell’area. Dove i cittadini stanno già iniziando a mobilitarsi 

La notte tra il 14 e il 15 gennaio 1968 un terribile terremoto di magnitudo 6.1 della scala Richter devastò la Valle del Belice, nella parte Occidentale della Sicilia, tra le province di Palermo, Trapani ed Agrigento. Le vittime furono 296. Finì in ginocchio oltre il 90% del patrimonio rurale, un’economia prettamente agricola e decine di comuni distrutti. 
Quarantaquattro anni dopo la ricostruzione post-sisma registra notevoli ritardi, e il Belice potrebbe essere esposto ad un nuovo pericolo, quello delle trivellazioni petrolifere. 
La società mineraria Enel Longanesi Developments srl, infatti, sarebbe interessata ad esplorare un’area di oltre 680 chilometri quadrati, che comprende buona parte dei comuni interessati dal sisma del ’68, tra i quali Montevago, Poggioreale, Santa Margherita Belice, Camporeale, Contessa Entellina, Gibellina e Salaparuta. 
L’istanza della Enel Longanesi Developments srl per l’ottenimento del permesso di ricerca -denominato “Masseria Frisella”, e della quale non c’è traccia sul sito Unmig del ministero dello Sviluppo Economico- risulta in realtà giacente presso gli uffici regionali del Dipartimento dell’energia dal 17 agosto 2011. 
Ma solo ora, con la pubblicazione all’Albo pretorio di alcuni dei municipi interessati, si riesce a saperne di più. Non è ancora chiaro che cosa stia cercando la società con sede legale a Roma, probabilmente idrocarburi gassosi. Ma in questa fase istruttoria l’obiettivo è conquistare terreno e incassare tutte le autorizzazioni necessarie per sondare, ricercare ed eventualmente estrarre. Un’eventualità del tutto che aleatoria, contro la quale i cittadini e i comitati locali stanno cercando di mobilitarsi, minacciando di alzare le barricate. Mentre la Regione Sicilia prende tempo, comunicando che “alcuna autorizzazione verrà rilasciata se compromettono il rispetto ambientale e paesaggistico”. 
Nella Valle del Belice c’è più di un motivo per rigettare l’ultima istanza di ricerca. Il territorio a rischio trivelle è ricco di risorse naturalistiche ed agricole, che vanno dalla Riserva naturale integrale grotta di Entella -nel comune di Contessa Entellina- alla Riserva naturale “Foce del fiume Belice” e dune limitrofe, fino ad arrivare alla valorizzazione delle produzioni agroalimentare e alla coltivazione degli olivi. Dimostrazione che a Campobello di Mazara, Partanna, Salaparuta, Santa Ninfa e Poggioreale si punta su un altro tipo di olio, quello Dop Extravergine d’Oliva Nocellara del Belice, frutto di terreni fertili ed origini antichissime. Risalirebbero addirittura al V secolo a.c. alcune antiche macine per olive rinvenute nei pressi di Selinunte. 
Il permesso di ricerca “Masseria Frisella”, se concesso, con molta probabilità andrebbe ad incidere sulle locali attività economiche e sull’equilibrio di un territorio altamente sismico. Del legame tra terremoti ed estrazioni si è occupato Leonardo Seeber, docente alla Columbia University e tra i migliori sismologi al livello mondiale. Il professor Seeber ha più volte sostenuto che le attività ingegneristiche -e quelle petrolifere lo sono- sarebbero in grado di alterare lo stato meccanico della crosta terrestre, tanto da anticipare un possibile terremoto. Del resto, la preoccupazione della possibile correlazione tra attività sismica ed attività estrattiva arriva anche dagli Stati Uniti d’America. In Ohio, che nell’ultimo anno è stato interessato da decine di terremoti concentrati in pochissimi mesi, si sta cercando di dimostrare come l’estrazione di gas nel Mid-West con la tecnica del “fracking”, faccia tremare la terra. 
In Sicilia il “fracking” non è ancora arrivato, ma le trivelle invece sì. E da tempo. Dall’agrigentino al siracusano, da Caltanissetta a Ragusa, l’impronta di operatori come Eni ed Edison -solo per citarne alcuni- è marcata. Sono, infatti, 14 le concessioni di coltivazione in terraferma vigenti, 3 quelle in mare. I permessi di ricerca sono, invece, 6 e 17 in mare, tra quelli consultabili. 
Tutto il resto è in divenire, da Sud a Nord, in prossimità di aree protette o di aree che hanno deciso di sfruttare altre risorse. Sempre la Enel longanesi developments srl Enel Longanesi -il cui capitale sociale è detenuto da Grove Energy srl- si è resa protagonista di un’altra richiesta particolare, che interessa l’Oltrepò pavese ricco di vigneti: ricercare gas in un lembo di terra lombardo che si incunea fra l’Emilia ed il Piemonte, noto per produzioni vitivinicole di origine controllata come il Bonarda, il Pinot nero e il Pinot grigio su tutti.

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