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Opinioni

Tre fattori per il riscatto del Paese

Servono una rivolta nonviolenta e democratica, l’azione congiunta di movimenti, città e territori verso una società più equa e un programma di liberazione: ecco da dove partire perché una "primavera" possa sboccarie anche in Italia

Tratto da Altreconomia 151 — Luglio/Agosto 2013

Un Paese sotto ipnosi in un continente impazzito. È l’Italia sotto l’asse Pdl-Pd nel contesto di una Unione europea trasformata, da embrionale comunità democratica, in funzionaria delle oligarchie finanziarie e paladina del peggiore capitalismo.
Perciò serve un Movimento di riscatto nazionale, che sprigioni l’energia dei fattori essenziali per l’alternativa: un diffuso sentimento di rivolta nonviolenta e democratica; l’azione congiunta di movimenti, città e territori impegnati a dare corso a una visione equa e solidale della società; un programma di liberazione. Se tali fattori si unificano nell’azione di un movimento di questo tipo, allora alcuni partiti e le istituzioni nel loro insieme dovranno cambiare prospettiva.

Il primo fattore deve maturare di più: non basta accontentarsi della riduzione dei costi della politica; bisogna capire che la mentalità e il sistema del capitalismo, anche in Italia, sono una trappola mortale. Il secondo fattore è già piuttosto delineato, ma deve rafforzarsi e giungere a un più alto grado di coesione. I movimenti -tutti i movimenti (quelli di economia solidale, quelli per la tutela della natura, quello delle donne, quelli per i diritti civili, quelli pacifisti e della nonviolenza, le associazioni come “Libera” o come il Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza, i gruppi e le comunità religiose, i coordinamenti di insegnanti e lavoratori della ricerca)-, le molte città e i territori attivi nella democratizzazione e anche i sindacati fedeli ai lavoratori e ai disoccupati devono unificare i loro sforzi. E assumere come unica e comune priorità un preciso Programma di liberazione.

Il terzo fattore è questo programma in 5 punti di pari importanza:
a. politica economica di tutela delle persone, della società e della natura (tasse su patrimoni, rendite, transazioni speculative; netta riduzione delle tasse per famiglie e imprese, bilanciata da una sistematica lotta all’evasione fiscale, agli sprechi e ai privilegi e da una fortissima riduzione delle spese militari; reddito minimo di cittadinanza; nazionalizzazione di alcuni istituti di credito; ripristino dello Statuto dei Lavoratori; promozione delle nostre peculiarità economiche: cura per la natura e per l’arte, rilancio di agricoltura e turismo; incentivi alle industrie socialmente responsabili; investimento sulle energie rinnovabili e tutela del territorio);
b. politica estera orientata non all’uscita dall’Europa, ma all’uscita del liberismo dall’Europa e alla costruzione di un quadro mondiale di regole democratiche che portino l’economia al servizio dell’umanità e che costruiscano un ordine di pace (a partire dalla fine immediata della partecipazione alla guerra in Afghanistan);
c. rigenerazione della scuola e dell’università, affinché sappiano educare le persone e prepararle a contribuire al bene comune;
d. politica di attuazione sistematica dei diritti civili, partendo da quanti sono discriminati o costretti a disumane condizioni di vita (per esempio i detenuti), e di welfare integrato avanzato (dove organismi internazionali, Stato, enti locali e associazioni coordinino la loro azione e dove siano rilanciati servizi sociali e sanità pubblica);
e. piano di sviluppo della democrazia (rifiuto della manomissione della Costituzione in senso oligarchico, come vorrebbero le proposte del presidenzialismo o del pareggio di bilancio, e anzi ampliamento del suo orizzonte, per esempio con il riferimento ai doveri verso le generazioni future; legge contro il conflitto di interessi; legge contro la corruzione; legge per la democrazia interna nei partiti; forte riduzione del loro finanziamento pubblico con imposizione di un drastico limite per le spese elettorali; riconoscimento dello ius soli e della rappresentanza per le persone straniere residenti in Italia; legge di tutela del pluralismo nei media).

Alcuni di questi punti sono già nei programmi di Sel, Pd e M5S. Ciò indica che queste forze politiche non vanno abbandonate a se stesse. Devono essere sollecitate a una vera svolta comune. Nei prossimi mesi movimenti, città e territori dovranno far valere la centralità dei 5 punti, evidenziando che sono i nuclei di un programma lucido, liberante e ineluttabile. Bisognerà giungere a una grande manifestazione nazionale che sia l’inizio (già in occasione del congresso del Pd) di una forte pressione su quei partiti (centro-sinistra e M5S) che ancora possono contribuire al bene comune.
Le primavere non sono solo arabe, possono sbocciare anche da noi. —
 

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