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Il suolo senza una bussola

In occasione della prima Giornata mondiale del suolo -il 5 dicembre- è stato presentato a Milano il Rapporto 2016 del Centro di Ricerca sul Consumo di Suolo. Dalle super pianificazioni urbanistiche nelle Marche al consumo di suolo agricolo in Veneto, il Paese è raccontato attraverso approfonditi casi locali

Dal 2007 il Centro di Ricerca sul Consumo di Suolo (CRCS) raccoglie e diffonde dati sul tema a livello nazionale e locale. La ricchezza del Rapporto 2016, che è stato presentato in occasione della Giornata mondiale del suolo, che si celebra il 5 dicembre, è la capacità di raccontare il Paese attraverso uno spaccato di ciò che accade a livello locale.
 
Il Veneto, ad esempio, può essere visto come l’esempio di che cosa ha significato nel nostro Paese il concetto di “consumo di suolo agricolo”: tra il 2000 e il 2010 sono stati sigillati o impermeabilizzati 5.221 ettari di terreni agricoli all’anno, oltre 50mila in totale. Per ritrovare un dato simile, bisogna andare agli anni Sessanta (7.426 ha/anno), mentre prima del boom economico il dato medio era di circa venti volte inferiore, pari a circa 282 ha/anno. In termini assoluti, la sottrazione di suolo all’agricoltura è stata di quasi 200mila ettari (cioè il 22% del totale) dalle rilevazione del catasto agrario del 1929.
 
Scendendo nelle Marche, si possono comprendere i limiti del mancato controllo e raccordo delle attività di pianificazione dei singoli enti, che negli ultimi anni hanno spesso “gonfiato” i piani regolatori. La misura della “capacità edificatoria residua” è stata analizzata dalla Regione Marche nei piani regolatori di 144 Comuni su un totale di 236, contando superficie urbanizzabili per 16.450 ettari, pari cioè al 62% dell’intera superficie urbanizzata nel periodo tra il 1954 e il 2010.
 
Arrivando in Abruzzo, invece, è esemplare l’analisi di quanto succede nel Comune di Pescara, nel territorio della sua provincia e in quello regionale nel complesso. Nel primo caso, e parliamo di una città costiera, il suolo consumato è pari al 38% del totale; a livello provinciale, invece, è del 5,1%, per scendere al 3,6% su base regionale. L’Abruzzo è occupato da numerosi rilievi appenninici, e questo dato “locale” trova conferma nelle elaborazioni ISPRA su scala nazionale: è consumato il 9,3% del territorio a quota inferiore ai 300 metri, mentre tra i 300 e i 600 metri la percentuale scende al 4,2%, e oltre i 600 metri appena all’1,7%. Ciò evidenzia, perciò, che l’Italia non montana è praticamente finita.
 
Il rapporto del CRCS è stato presentato a Milano, che è il capoluogo della Regione più urbanizzata d’Italia ma anche la città da cui parte una campagna europea per il riconoscimento del suolo come bene comune. Si chiama People4soil ed è promossa -tra gli altri- da Legambiente, con l’adesione di 140 organizzazioni di quasi tutti i Paesi europei. “L’Unione Europea deve dotarsi di un approccio solido e basato su principi condivisi di protezione dei suoli, sviluppando regole comuni e vincolanti per tutti gli Stati membri, analogamente a quanto già fatto per la tutela delle acque, della qualità dell’aria e della biodiversità. Diversamente sarà difficile arginare la perdita e il degrado della risorsa naturale più preziosa del continente” ha spiegato Damiano Di Simine, coordinatore italiano della campagna, che è intervenuto giovedì 3 dicembre alla presentazione del Rapporto 2016 curato dallo stesso Di Simine insieme ai ricercatori Andrea Arcidiacono, Silvia Ronchi, Stefano Salata e a Federico Oliva dell’INU.
 
Secondo Di Simine, che firma l’introduzione al volume con Tiziano Cattaneo, “a mancare è una ‘bussola europea’: il riferimento per ogni produzione normativa in campo ambientale è infatti il diritto comunitario, ma proprio sulla materia del suolo quella bussola si è inceppata, vittima dei veti degli Stati membri”. Sono ben dodici anni che in seno alla Commissione europea si parla di una direttiva quadro “per la protezione del suolo”, ma il testo della proposta elaborata nel 2006, e approvata in prima lettura dal Parlamento nel 2007, è stata ritirata nel 2014. “12 anni, le tappe di un insuccesso” riassume il titolo del paragrafo del rapporto dedicato al tema.

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