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Diritti

I soldi per le missioni all’estero: una “stampella” per il bilancio della Difesa

Mentre le armi italiane vengono usate per la repressione in Siria il Parlamento approva il Decreto Missioni, ormai parte fondamentale delle nostre spese militari

“Il Decreto sulle Missioni militari all’estero, convertito oggi dalla Camera dei deputati, si conferma sempre di più come la stampella del bilancio della Difesa”. È quanto ha dichiarato Massimo Paolicelli dell’Associazione Obiettori Nonviolenti, realtà della Rete Italiana per il Disarmo.
Sommando infatti agli 811 milioni di euro spesi nel primo semestre i 744 milioni di euro stanziati per la seconda metà del 2011 ed i 52 milioni di euro che vanno a finanziare il reclutamento di personale militare nel 2011 otteniamo 1.607 milioni di euro complessivi. “Un centinaio in più rispetto allo scorso anno, e seicento in più rispetto a qualche anno fa: altro che risparmi sbandierati dalla Lega” – aggiunge Paolicelli.
Di questi fondi bisogna ricordare che solo l’1,5% va a progetti di cooperazione, il resto serve per le spese di armi, munizionamenti, mezzi e personale militare, andando a coprire anche oneri precedentemente a carico diretto del Ministero della Difesa. Un esempio lampante è l’inutile invio della portaeromobili Garibaldi per la missione  in Libia, come di fatto ha dichiarato il Ministro della Difesa Ignazio La Russa: in realtà con i soldi delle missioni si è fatta muovere una nave ed esercitare il suo equipaggio. “Ormai da diverso tempo – conclude Paolicelli – i fondi per le missioni e quelli stanziati dal Ministero dello Sviluppo Economico per i nuovi sistemi d’arma sono una fetta considerevole delle spese militari, in particolare per la parte di esercizio, non conteggiate però nel bilancio della Difesa”.

“Dopo cCaro Armatohe al Senato è stato sventato il tentativo del Governo di modificare un’importante parte della legge sulla cooperazione allo sviluppo, resta il problema che le risorse per le popolazioni colpite dai conflitti vanno le briciole” dichiara Riccardo Troisi di Reorient e membro del coordinamento della Rete Italiana per il Disarmo. Negli ultimi tre anni c’è stato un vero proprio azzeramento dei finanziamenti alla cooperazione (anche del ministero degli Esteri) e degli impegni internazionali rendendo l’Italia di fatto il fanalino di coda dell’Ocse su questi temi. Anche i fondi per la cooperazione umanitaria in zone di guerra, sempre più vincolati dalla militarizzazione degli interventi umanitari sono diminuiti nell’ultimo triennio del 45%; inoltre i fondi stanziati nel Decreto all’approvazione oggi solo in parte hanno una copertura certa, il resto per il momento sono virtuali. “Ma che senso ha spendere enormi quantità di denaro pubblico per investire in armi e conflitti quando è ormai evidente – prosegue Troisi – che questo tipo di interventi alimenta crisi e povertà in tutto il mondo, riducendo il benessere delle popolazioni nel nord e nei tanti sud del mondo.
“Altro elemento problematico contenuto nel Decreto Missioni è la norma che permetterà a professionisti armati (i cosiddetti contractors) di salire su navi mercantili italiane in funzione antipirateria” segnala inoltre Francesco Vignarca coordinatore della Rete Italiana per il Disarmo. La Rete ha già sottolineato questa problematicità anche a commento del colpo d Parata esercito italianoi mano tentato al Senato nei giorni scorsi per diminuire il controllo sulle armi leggere, intravedendovi come scopo quello di poter armare facilmente e senza problemi di natura legale e di export i vigilantes privati.

La preoccupazione degli organismi che compongono la Rete Italiana per il Disarmo non è infatti relativa solo al decreto missioni, ma si concentra su tutte quelle azioni che nel corso delle ultime settimane stanno cercando di depotenziare i controlli sul commercio di armamenti smantellando le nostre legislazioni a riguardo. "Il tutto mentre armi italiane potrebbero essere finite in Libia ad il Consiglio Nazionale di Transizione e sulla questione il Governo ha messo un inaccettabile Segreto di Stato peraltro ancora non spiegato al Copasir – afferma Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della Pace che con Rete Disarmo la scorsa settimana ha inviato una lettera aperta sulla questione al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. "Nel frattempo abbiamo però appreso che i carri armati di Assad in Siria sparano sulla popolazione con sistemi di puntamento italiani. Due chiari e negativi esempi di come il controllo sull’export militare italiano dovrebbe essere reso più rigoroso ed efficace fin da ora, e non ulteriormente vedere allargare le proprie maglie" – conclude Lotti.

Rete Italiana per il Disarmo rinnova pertanto le richieste di non mettere tutte le missioni militari su uno stesso piano votandone il finanziamento con un unico provvedimento e per una maggior trasparenza e completezza nella rendicontazione delle effettive spese del nostro Paese in materia di Difesa: sia per un miglior allineamento dell’Italia agli altri Paesi dell’Unione Europea, in cui la spesa militare pro capite è di molto inferiore ma è maggiore lo stanziamento governativo per la cooperazione internazionale e gli aiuti internazionali allo sviluppo, sia per capire come questi soldi vengano effettivamente impiegati ed evitare sprechi e problemi alle stesse Forze Armate. Contemporaneamente, la Rete Italiana per il Disarmo ribadisce le proprie richieste di confronto a riguardo delle vendite italiane di armi: il Parlamento dovrebbe discutere i dati presenti nelle Relazioni Governative sul tema e dovrebbe concentrarsi verso una riforma della nostra normativa che sia equilibrata ed efficace.

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