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Altre Economie

L’osteria delle (buone) relazioni

Filiera corta, agricoltura biologica e commercio equo trovano spazio nel ristorante inaugurato a fine maggio da Sesterzo all’interno della cittadella dell’altreconomia di Mestre (Ve). Solo uno dei progetti realizzati all’interno della ex centrale del latte, ristruttrata dal Comune e massa a disposizione della rete di associazioni AEres

Se l’altreconomia è prima di tutto “uno spazio d’incontro”, un luogo conviviale come un’osteria pare proprio il luogo giusto nel quale praticarla. Si inaugura il 31 maggio 2012 l’“osteria bio solidale” all’interno della ex centrale del latte di Mestre (Plip), e sarà il perno imprenditoriale e culturale per la trasformazione della struttura in una nuova “centrale dell’altreconomia” veneziana.
Ristrutturata nel 2006 dal Comune di Venezia, con un investimento di circa 200mila euro, l’ex centrale (in via San Donà 145/c, a Mestre) si sviluppa su 1.500 metri quadrati (con un open space di 600 metri quadri e una sala conferenze da 300 posti) ed è oggi gestita da Sesterzo (vedi Ae 116), una cooperativa nata nel maggio 2010 da quattro associazioni veneziane: le Acli, il Movimento consumatori, l’associazione Mandragola ed Emù (acronimo di Eco museo urbano).
I soci della cooperativa oggi sono 11, e a sua volta Sesterzo è socia di AEres, l’associazione nata nel 2008 per lavorare in partnership con il Comune di Venezia sui temi dell’economia solidale locale, che raggruppa 38 soggetti dell’altreconomia veneziana. È in collaborazione con AEres che la cooperativa deciderà in quali progetti per l’economia cittadina reinvestire la metà degli utili provenienti dalle attività della Plip.

Tutti i progetti “in cantiere” alla Plip, che saranno realizzati nei prossimi mesi, nascono da un’attenzione alla sostenibilità sociale e ambientale, e da una stretta relazione con il territorio a partire dalla convinzione che l’altreconomia sia -appunto- “uno spazio di incontro, nel quale poter produrre sviluppo sociale attraverso reti aperte e non competitive”, come spiega David Marchiori, presidente di Sesterzo.
Questo è anche lo spirito dell’osteria solidale, uno spazio progettato secondo i principi della bioarchitettura (a cura dello studio vicentino Verlato+Zordan) che offrirà prodotti ecocompatibili, biologici, della buona agricoltura locale e del commercio equo. Oltre a essere lo spazio dal quale promuovere l’educazione al cibo, la bio-osteria garantirà l’avvio di nuovi progetti di economia solidale sui quali Sesterzo lavora già da tempo, “lungo i tre ambiti della promozione culturale, la contaminazione e l’animazione sociale, e l’educazione”.
Accanto all’osteria sarà allestito un emporio dell’economia carceraria, il primo nel suo genere, dove troveranno spazio le storie e le produzioni di eccellenza -artigianali e alimentari- di 50 laboratori interni alle carceri italiane (che abbiamo raccontato anche nel libro “Il mestiere della libertà”, Ae 2011). Sull’altro lato della sala, la “bottega dei saperi” non sarà solo una vetrina per l’editoria indipendente e libera, ma anche lo spazio dal quale avviare una nuova collaborazione con la Biblioteca civica di Mestre in nome del libero accesso alla cultura: il ricavato ottenuto dalla messa in vendita (a prezzo simbolico) di quei libri che sono donati alla biblioteca, ma che non possono essere utilizzati, sarà reinvestito nell’acquisto di libri in lingua originale per cittadini migranti.
Dal punto di vista culturale, si darà seguito al lavoro già avviato da Sesterzo con la creazione del Centro di sperimentazione Ecomuseale (Emù): una mappatura di comunità dei territori veneziani (che nel 2011 ha coinvolto 200 studenti dell’Università di Padova) con la quale “intercettare e rielaborare le relazioni comunitarie che determinano la storia di un’area urbana” attraverso un percorso di progettazione partecipata. E a partire dall’idea che i pensieri e le pratiche dell’altreconomia possano “circolare anche in settori inediti e spesso impensati” Sesterzo -forte dell’esperienza dell’associazione Mandragola, uno dei soci fondatori della cooperativa- si propone di sperimentare incroci virtuosi con diversi ambiti artistici: dal teatro di figura, alla musica classica -un’occasione per far approdare in terraferma il conservatorio veneziano e farlo incontrare con un pubblico nuovo-, al teatro di strada. Tra le proposte c’è il laboratorio “Strada facendo”, un “percorso tra arte del teatro di strada e decrescita”, a cura del Teatro invisibile, rivolto ai ragazzi delle scuole medie per interrogarsi sulla gestione degli spazi pubblici, la socialità e le forme della decrescita artistica.
Sempre in ambito educativo, il servizio di aiuto scolastico per gli studenti medi “Oltrescuola”, basato su uno scambio non monetario con le associazioni del territorio: “Alle associazioni che vogliono usare gli spazi della Plip proponiamo uno scambio sotto forma di laboratorio per gli studenti”, spiega David. Così, per 1 euro l’ora, 20 ragazzi passano alla Plip 3 ore ogni lunedì e giovedì pomeriggio, per un totale di 180 ore in un anno: un’ora di recupero scolastico con i volontari della banca del tempo e il resto del tempo -dopo la bio-merenda- dedicato a un laboratorio a tema (dall’arte di strada all’educazione al cibo, passando per i temi della legalità e dell’ambiente). “Oltre ai volontari della banca del tempo -fondamentali per la vita della Plip-, finora hanno aderito al progetto 12 associazioni del territorio, secondo un’idea di mutualità che ci permette di andare incontro alle necessità delle famiglie, a un prezzo accessibile a tutti, proponendo un percorso di educazione alla cittadinanza”.

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