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Ambiente

Il balzello al casello

È arrivato, puntuale come il primo gennaio 2013, il consueto aumento dei pedaggi autostradali. Che salgono, in media del 2,91%. Perché succede? E in base a quali criteri? Per rispondere a queste domande, Altreconomia ha intervistato Dario Balotta di Legambiente Lombardia. Per voi un "abc" che aiuta a capire

Capodanno da cartellino rosso per le autostrade. Cartellino e non bollino, perché il problema non è il traffico ma l’ennesimo aumento delle tariffe, che arriva puntuale con un decreto di fine anno.
Il pedaggio cresce, infatti, in modo (quasi) automatico: quest’anno, in media, del 2,91%, con punte di oltre il 14%. 
Funziona così: Anas e ministero non fanno altro che ratificare i piani d’investimento proposti dai concessionari privati; gli investimenti sono costi cui corrisponde il "diritto" ad incassare di più. In pratica, il pubblico ha trasferito a soggetti privati un monopolio molto redditizio (i ricavi da pedaggio per Autostrade per l’Italia, principale gestore in Italia presenta anche su molti mercati esteri, sono di circa 2,6 miliardi di euro nei primi nove mesi del 2012; la società è controllata da Atlantia spa, che ha chiuso il 2011 con utili per 830 milioni di euro). E i gestori possono promettere d’investire con l’obiettivo di incassare di più, anche quando non è detto che le nuove opere siano necessarie. Per capire il perché, abbiamo posto alcune domande a Dario Balotta, responsabile trasporti di Legambiente Lombardia.
È il nostro "abc" per affrontare in modo consapevole il balzello al casello.    

Perché ogni anno, con il 31 dicembre, dobbiamo assistere all’approvazione di un decreto interministeriale che autorizza le concessionarie autostradali ad aumentare le proprie tariffe?
Negli ultimi 10 anni le tariffe medie delle 24 concessionarie sono aumentate del 47,6%, mentre l’inflazione è cresciuta solo della metà 22,3%. Nei piani economici-finanziari delle società di gestione sono contenuti dei programmi di investimento, che prevedono la costruzione di nuove tratte autostradali o nuovi raccordi, che -spesso- sono servite per accordare agli stessi soggetti concessionari anche la proroga della concessione senza sottoporsi a gare. Questi piani vengono finanziati, si dice, dagli aumenti delle tariffe. Ma prima di nuovi grandi interventi, quasi sempre autoreferenziali (decide il gestore che opera fare, le amministrazioni si accodano) le tariffe dovrebbero ripagare i costi della manutenzione, della gestione, dell’informatizzazione della rete, della mitigazione ambientale e della sicurezza, come ad esempio gli ausiliari del traffico.

Quali sono i criteri di valutazione in merito all’aumento tariffario? E, in qualche modo, si verifica la congruità degli investimenti? Chi -poi- verifica (ex post) che essi siano effettivamente realizzati?
Almeno tre criteri ci indicano che le tariffe dovrebbe, in realtà, essere in discesa. Il primo è che nelle tariffe è compresa una quota degli ammortamenti, salvo considerare che le autostrade italiane sono quasi tutte ammortizzate perché la rete è tra le vecchie d’Europa, e questo aspetto dovrebbe comportare una diminuzione dei pedaggi. Sotto il profilo occupazionale, inoltre, i costi sono crollati negli ultimi anni, con gli esodi massicci non rimpiazzati dal tour-over.
Dobbiamo considerare che spesso gli interventi previsti dalle convenzioni che legano concessionari ed Anas (anche se da ottobre 2012 il soggetto regolatorio, denominato IVCA -Ispettorato di vigilanza delle concessionarie autostradali-, è alle dirette dipendenze del ministero delle Infrastrutture) non sono mai stati attuati. L’esempio più eclatante è quello della Milano-Serravalle, la società concessionaria delle tangenziali milanesi e di un tratto dell’autostrada A7, che ha in programma 711 milioni di interventi (manutenzioni,svincoli,barrire atirumore, pannelli variabili) ma ne ha spesi solo 138 milioni negli ultimi 5 anni.

Alcune tratte vedono aumenti inferiori alla media. Sono autostrade in concessione che possono esser definite mature e che, quindi, non necessitano di ulteriori investimenti?

Dipende dalla contrattazione che si era svolta con l’Anas, e dalle priorità dei vari gestori. Non va dimenticato che alcuni soggetti sono privati e altri sono pubblici (enti locali). Che alcuni dei privati sono gestori di servizi e altri sono anche costruttori. Il coacervo d’interessi è complicato e la regolazione pubblica stenta a farsi sentire. Spesso subisce la pressione dei gestori. Ecco perchè la regolazione pubblica, anche delle tariffe, andrebbe affidata alla costituenda Autority dei trasporti.

La società che gestisce il Passante e la Tangenziale di Mestre, CAV (Concessioni Autostradali Venete spa, società compartecipata al 50% dallo stesso Anas e dalla Regione Veneto), ha visto riconoscersi ingenti aumenti, in media del 13%). A che cosa sono dovuti?
Evidentemente alla base dell’investimento per il Passante di Mestre vi era un piano economico e finanziario che prevedeva dei tempi di rientro dallo stesso che, probabilmente, non si sta realizzando. Ciò pone il concessionario di fronte alla necessità di aumentare i ricavi, e restituire il capitale investito. È assurdo, però, che il regolatore aumenti le tariffe a se stesso, cioè ad un’impresa che partecipa.
Per quanto riguarda il Passante di Mestre, questa situazione deriva da una eccessiva "capacità", che è evidente a tutti: l’autostrada è tarata per 120mila veicoli di capacità al giorno, ma sfido chiunque a sdimostrare che, in media, ve ne transitino più di 40mila. Quando Giulio Tremonti era ministro dell’Economia, ad esempio, si era deciso di non rinnovare la concessione alla società Centro Padane spa (A21, tratta Brescia-Piacenza) per darla in gestione all’Anas, e l’Anas a sua volta avrebbe garantito liquidità al Tesoro. Poi si sono accorti che il regolatore non poteva regolare se stesso, e hanno dovuto fare la gara. Intanto Centro Padane è in proroga da 3 anni, e non si sa come finirà questa storia: lo Stato, tanto per cominciare, dovrebbe alzare i ‘risibili’ canoni concessori che applica alle concessionarie: pochi milioni di euro per ogni gestione; ti do una rendita di posizione, un monopolio, ma in cambio tu me ne trasferisci una parte.
 

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