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Opinioni

Prossima fermata, Cipro

La confusa vicenda del prelievo forzoso sui conti correnti delle banche cipriote presenta molteplici aspetti in grado di suscitare una preoccupata attenzione. Il commento del professor Alessandro Volpi, che per Altreconomia ha scritto "Sommersi dal debito"
L’ipotesi originaria, infatti, avanzata dall’Eurogruppo e caldeggiata dalla Germania di applicare una “tassa” del 6,75% sui depositi fino a 100 mila euro e del 9,9% oltre tale soglia ha confermato, ancora una volta, la sostanziale approssimazione delle politiche europee. Neppure il parziale dietro-front che tende ad escludere dalla tassa i depositi fino a 20 mila euro pare in grado di fare definitiva chiarezza. A tale scopo è utile ricostruire brevemente la vicenda. 
 
Cipro ha bisogno di un rapido aiuto dall’Europa per due ragioni fondamentali. In primo luogo le banche cipriote hanno subito un danno evidente dalla decisione europea di costringere la Grecia a ristrutturare il proprio debito, di fatto cancellandolo in larghissima misura, una scelta che ha significato perdite ingenti per i creditori a cominciare appunto dagli istituti ciprioti. In secondo luogo, le stesse banche si sono gonfiate di liquidità gigantesca -pari a 7 volte il Pil del paese- attratta grazie ad una tassazione irrisoria e a scarsi controlli in materia di riciclaggio, il tutto in assenza di una normativa europea capace di ostacolare un simile fenomeno che ha spinto poi gli istituti di credito di Cipro a buttarsi a capofitto in operazioni a dir poco spericolate. Ora Cipro, con le banche dissestate, necessita di un primo intervento da 17 miliardi di euro, ma l’Europa è disposta ad impegnarsi solo per 10 e dunque diventa necessario trovare i 7 miliardi mancanti che, appunto, dovrebbero provenire dal prelievo sui depositi perché un eventuale aiuto, interamente garantito dall’Europa, al di là delle resistenze tedesche, porterebbe il debito complessivo di Cipro ad oltre il 145% del Pil e non sarebbe quindi sostenibile. Di nuovo, rischiamo di peggiorare un quadro già molto compromesso. L’eventualità di un prelievo forzoso che colpirebbe i depositi sotto i 100 mila euro metterebbe a dura prova la tenuta del sistema bancario del Vecchio Continente; verrebbe intaccata infatti la certezza dell’intangibilità dei conti correnti dei piccoli risparmiatori che aveva trovato una protezione in sede di direttiva europea e che, se messa in discussione, renderebbe tutte le banche dell’area euro assai meno sicure delle altre. 
 
In estrema sintesi, il rischio è quello di un contagio dettato dal timore che quanto successo a Cipro possa avvenire in altri paesi europei qualora questi avessero bisogno di aiuti. Anche l’Italia, che pure dispone di conti di deposito per mille miliardi di euro, se dovesse chiedere un sostegno all’Europa e ai suoi veicoli finanziari, a cominciare dall’Esm, potrebbe correre il serio pericolo di dover contribuire direttamente al proprio salvataggio per evitare che l’indebitamento pubblico salga troppo. Pertanto potrebbe essere costretta a seguire una strada già percorsa nella notte fra il 9 e il 10 luglio 1992, allorché il governo di Giuliano Amato impose a tutti i correntisti una patrimoniale secca del 6 per mille che fruttò oltre 5 mila miliardi di lire. Si tratta di un’eventualità molto remota dal momento che i dati sull’avanzo primario del nostro paese sono rassicuranti, ma la costante crescita dello stock di debito continua ad inquietare. Del resto, il prelievo forzoso sui depositi, non  limitato alle ricchezze degli oligarchi russi, costituisce l’ultima frontiera di una sempre più diffusa insolvenza di Stati e banche in giro per l’Europa: la Grecia, come accennato, non ha pagato ai creditori privati i propri debiti se non in minima parte, le banche irlandesi hanno praticato una analoga ristrutturazione dei loro debiti persino dopo l’intervento a garanzia dello Stato, mentre in Spagna e in Olanda sono state forzatamente convertite le obbligazioni subordinate in azioni a prezzi stracciati. Persino nell’area della moneta ad oggi più forte del mondo, con la quale si fanno ormai il maggior numero di transazioni commerciali, la certezza dei depositi e dei prestiti, privati e pubblici, è significativamente limitata, in particolare nei paesi più indebitati: mettere un euro in una banca tedesca rischia di essere più sicuro che mettere un euro in una banca spagnola o italiana. 
 
Questo significa un inevitabile aumento del costo del denaro a fronte delle difficoltà del sistema bancario italiano colpito nella sua capitalizzazione dalle emorragie di borsa, dall’alto prezzo della raccolta sui mercati obbligazionari e ora dalla sindrome cipriota. Intanto, il Senato senza maggioranza dovrà esprimersi sul contributo italiano di 750 milioni di euro al piano di aiuti a Cipro; un’occasione in più per riflettere sulla gravità del momento.
 
* Alessandro volpi, Università di Pisa

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