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Ambiente

I tedeschi si danno le arie

Il governo guidato da Angela Merkel ce l’ha fatta: l’obbligo di riduzione fino a 95 grammi per chilometro delle emissioni per le auto prodotte e commercializzate nei Paesi dell’Ue è stato posticipato, dal 2020 al 2021, introducendo inoltre modifiche che -secondo la stampa di settore– "dovrebbero permettere alle case ‘Premium’ (soprattutto tedesche: Mercedes, BMW e Audi) di non subire più di tanto i nuovi limiti".
Da Altreconomia di novembre l’intervista con Cécile Toubeau, Clean Vehicles Officer per Transport & Environment

Le modifiche apportate sostanzialmente dovrebbero permettere alle case “Premium” (soprattutto tedesche: Mercedes, BMW e Audi) di non subire più di tanto i nuovi limiti – See more at: http://www.alvolante.it/news/auto-accordo-europeo-co2-95-g-km-332257#sthash.upICIXyq.dpu

 

Tratto da Altreconomia 154 — Novembre 2013

Se nel 2020 la vostra auto non farà 100 chilometri con 4 litri di benzina, potrete bussare alla porta di frau Angela Merkel: il governo tedesco sta facendo di tutto per far saltare il provvedimento che obbligherebbe a ridurre fino a 95 grammi per chilometro le emissioni medie delle vetture commercializzate nei 27 Paesi Ue.
A metà ottobre, la pressione della Germania ha portato i ministri dell’Ambiente dell’Unione a “demolire” l’accordo, che avrebbe obbligato -tra il 2015 al 2020- a tagliare del 30% delle emissioni (il che significa anche un fabbisogno di combustibili inferiore del 30 per cento e un risparmio equivalente per gli automobilisti). Pochi giorni prima, secondo quanto evidenzia il sito della Bundestag, tre esponenti della famiglia Quandt, primi azionisti di Bmw, hanno garantito alla Cdu (il partito cristiano-democratico di Angela Merkel) altrettanti finanziamenti per un totale di 690mila euro.
L’industria tedesca dell’auto vale 357 miliardi di euro, pari al 13,4% del Pil, e dà lavoro a circa 740mila persone, secondo l’ultimo rapporto di Verband der Automobilindustrie (www.vda.de), l’associazione che riunisce i  produttori automobilistici. Sono questi numeri a influenzare il governo, e in particolare i timori di Bmw e Mercedes, che hanno un forte peso sulla cancelliera Merkel: “I loro dirigenti l’hanno incontrato 33 volte negli ultimi 48 mesi” spiega ad Ae Cécile Toubeau, Clean Vehicles Officer per Transport & Environment (www.transportenvironment.org).

T&E è una rete che dal 1990 si occupa di promuovere i principi dello sviluppo sostenibile nelle politiche dei trasporti dell’Unione Europea. Ha sede a Bruxelles, dove -tra le altre attività- monitora l’azione delle lobby sui decisori europei: “Le case produttrici di automobili di lusso tedesche sono preoccupate, perché i loro ricavi derivano dalla vendita di ‘Gas Guzzlers’, ovvero auto grandi con alti consumi di carburante. Per questo, vorrebbero rallentare i progressi globali verso una maggiore efficienza, consapevoli che se l’Europa si muove in questa direzione presto verrà seguita anche dal resto del mondo” racconta Cécile Toubeau. “Le autovetture sono responsabile di un ottavo delle emissioni di CO2 in Europa -aggiunge-. E anche se la ‘regolazione’ del settore non verrà discussa durante la prossima Conferenza Onu sui cambiamenti climatici, in programma a Varsavia dall’11 al 22 novembre (Cop19, www.cop19.gov.pl), il venir meno di questo accordo è un segnale negativo che Bruxelles manda al mondo”. Poco importa, pare, al governo tedesco: l’esecutivo guidato da Angela Markel è stato capace di spostare sulle proprie posizioni numerosi Paesi dell’Ue, e ciò ha permesso di rinviare più volte, da giugno 2013, il voto del Consiglio d’Europa: “Nei Paese dell’Est Europa ci sono stabilimenti dei produttori di auto tedeschi, sempre molto bravi nel ricordare ai governi dei Paesi ‘ospiti’ che le future scelte d’investimento si baseranno anche sull’atteggiamento più o meno collaborativo dimostrato in questo frangente. L’Olanda, invece, avrebbe sostenuto la posizione tedesca dopo che la Bmw ha promesso la costruzione di una nuova linea per la Mini” racconta Cécile Toubeau.
Secondo Toubeau, “quando la Germania afferma che i produttori di auto di lusso sono svantaggiate dall’accordo, dice il falso: se l’obiettivo medio indicato è di 95 g/km, i loro target sono più elevati: Bmw, 102 g/km; Mercedes 102 g/km; Fiat, invece, 88 g/km. I tedeschi -aggiunge- sostengono che l’efficienza nei consumi influenza in modo negativo l’occupazione, ma nemmeno questo  è verificabile: numerosi studi confermano, invece, che una maggior disponibilità di reddito per i consumatori, che spenderebbero meno in carburanti, si tradurrebbe in spesa in altri settori dell’economia”.
L’Italia ha difeso l’accordo più stringente, che potrebbe avvantaggiare Fiat: l’unica industria automobilistica nazionale tra le prime 15 al mondo raggiungerà, già a fine 2013, il target di emissioni di 135 g/km, individuato nel 2008 come obiettivo per il 2015 (altri, da Toyota a Volvo, da Renault a Psa, lo hanno già fatto tra il 2011 e il 2012): “Quando l’accordo venne raggiunto in molti avevano considerato quest’obiettivo irraggiungibile”, ricorda Toubeau, spiegando che Fiat, Ford, Psa, Reanult e Volkswagen “devono far in modo di accelerare solo leggermente i loro progressi annuali per raggiungere, con tranquillità, l’obiettivo previsto al 2020”, come descrive il report “How clean are Europe’s cars?” (pubblicato a settembre, è disponibile sul sito di T&E).   

Lo stop imposto dal governo tedesco, così, rischia di vanificare gli sforzi dell’Unione europea e gli investimenti che numerose aziende portano avanti ormai da cinque anni. Anche se il livello medio delle emissioni dei quasi 12 milioni di veicoli immatricolati nel 2012 nei 27 Paesi dell’Unione è di 132,4 g/km, ossia già inferiore al “limite” da raggiungere nel 2015, perciò, il futuro non è roseo: oltre un quarto delle auto viene commercializzato in Germania, dove il dato medio è 141,6 g/km, e la strategia tedesca punterebbe a spostare al 2024 l’obiettivo di riduzione (95 g/km) che avrebbe dovuto essere raggiunto entro il 2020 (“Anche se finché l’accordo è stato discusso nel Parlamento europeo non si era levata alcuna voce contraria” assicura Cécile Toubeau).

Questo scenario -simile ad un proposto ed analizzato dalla stessa Commissione europea nel 2012- ha un costo: comporterebbe infatti maggiori consumi di carburante per 120 milioni di tonnellate, 310 milioni di tonnellate di CO2  emessa in più e una riduzione del prodotto interno lordo fino a 5,1 miliardi di euro.
L’attenzione di T&E, nel corso del 2013, si è centrata anche su un altro aspetto, ovvero sulla capacità dei produttori di auto di manipolare i test relativi ai consumi e alle emissioni, “che in media, per le nuove auto, risultano del 25 per cento inferiori rispetti a quelli reali” spiega Toubeau, secondo cui ciò è possibile per il tipo di sistema di test utilizzato, il New European Driving Cycle. —

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