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Opinioni

Il mondo ridotto a una finanz-crazia

La finanza non è tanto e solo il nucleo di un più ampio sistema economico, ma è soprattutto, senza darlo a vedere, un sistema politico. Essa ha saputo instaurare nella società un potere egemone -totale, sistematico, globale- attorno a cui ruotano le istituzioni e la vita collettiva. Il commento di Roberto Mancini

Tratto da Altreconomia 167 — Gennaio 2015

La ricchezza come fonte del potere. Su questo argomento è opportuno riflettere con attenzione, visto che attorno all’una e all’altro si costruisce l’ordine della società. La ricchezza economica, identificata nell’accumulazione di denaro e nel potere di farlo muovere senza confini, è diventata il centro magnetico della vita sociale, un centro che attrae e accoglie pochi individui nel suo ambito e ne respinge moltissimi altri. Include ed esclude, producendo un ordine gerarchico che sistematicamente organizza percezioni, sentimenti, comportamenti, decisioni. Riflettendo sul fatto che oggi questo centro è la finanza, configurata come un sistema dotato di istituzioni globali efficaci e di una presa culturale che forma la mentalità collettiva, si ha un risultato sorprendente: la finanza non è tanto e solo il nucleo di un più ampio sistema economico, ma è soprattutto, senza darlo a vedere, un sistema politico.
Nell’esperienza storica un sistema politico si manifesta come tale se instaura un potere egemone attorno a cui ruotano le istituzioni e la vita collettiva. Esso opera come centro decisore e regolatore della società. Dev’essere capace di rigenerarsi, legittimandosi ed espandendo la propria influenza. Il sistema politico più efficace è quello che sa assorbire i cambiamenti e, anzi, nell’epoca moderna sa produrli di continuo, persistendo nel tempo senza modificare la sua logica istitutiva e la sua identità. Ebbene, questo è precisamente quello che sta facendo il sistema finanziario.
L’accumulazione di potere di cui esso gode rende gli altri poteri delle variabili dipendenti e consente alle sue istituzioni (le Borse, la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale, l’Organizzazione mondiale del commercio, le agenzie di rating) di ridurre le tradizionali istituzioni politiche (le unioni continentali, i governi, i parlamenti, le amministrazioni locali) alla stregua di istituzioni-satellite. Oggi vige non solo il “finanz-capitalismo”, come scrive Luciano Gallino nel suo libro omonimo, ma anche la “finanz-crazia”.
La parola “finanza” viene dal francese finance, che a sua volta deriva dall’antica voce verbale finer, divenuta poi finir: significa “condurre alla fine”. La finanza conduce alla fine ogni altro potere e ogni altra logica: tende a un’egemonia totale, sistematica, globale. La conseguenza decisiva di questa metamorfosi del potere politico emerge nella contraddizione radicale tra finanza e democrazia: dove la prima vince, l’altra muore. I sintomi dell’agonia della politica democratica sono noti e vanno letti nella loro connessione: esaurimento della partecipazione dei cittadini e dell’esercizio del voto; degenerazione dei partiti in organismi di marketing per la promozione di un capo; corruzione sistematica; indifferenziazione delle identità culturali e politiche che sfocia automaticamente nei governi delle “larghe intese”; incapacità strutturale di dare risposta ai problemi della società e, per contro, grande disponibilità a soddisfare le esigenze della finanza. In un libro del 1982, Memories of Class, Zygmunt Bauman sottolineava la necessità di “ripoliticizzare la politica” (Memorie di classe, Einaudi, p. 247). Invece da allora la politica non ha fatto altro che essere risucchiata e colonizzata entro il sistema del potere finanziario.
Però questo processo storico, per quanto esteso, è fragile. Le condizioni della sua durata sono tutte di ordine ideologico e si riassumono nella credenza che la società sia un mercato globale, che effettivamente poi viene pilotato dalle Borse. Il paradosso è che mai come nel tempo della presunta “fine delle ideologie” un’ideologia è stata tanto potente. Finché si crede che la ricchezza sia quella dei capitali e che il potere indiscutibile derivi da lì, non avremo alcun vero cambiamento. Ma se ritroveremo una percezione corretta della realtà, se sempre più persone troveranno inaccettabile l’assurda concentrazione di denaro e di potere nelle mani dei piloti del sistema finanziario, allora rinasceranno la coscienza collettiva e la forza politica della democrazia. L’unico futuro reale delle società nazionali e di quella mondiale sta nella completa ristrutturazione democratica dell’ethos collettivo, delle istituzioni, degli stili di vita. È in questa direzione che bisogna portare le nostre energie, partendo da quello scatto di dignità che si ha con il rifiuto di adattarsi a una menzogna avvolta nel fascino miserabile della ricchezza di capitali. —
 

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