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Sicuri con Google? Forse

Il 24 e 25 settembre si terrà a Milano il festival dell’associazione di consumatori Altroconsumo dedicata alla sharing economy. Tra gli sponsor c’è anche Google, soggetto con il quale la rivista-associazione ha condotto una campagna sulla “sicurezza online”. L’abbiamo analizzata

Tratto da Altreconomia 177 — Dicembre 2015
L'homepage della campagna VIVI INTERNET, AL SICURO lanciata da Altroconsumo e Google

Sui giornali e sui portali di alcuni media c’è una signora sorridente dai capelli fucsia che racconta come navigare sicuri in Rete. “La mia password -dice- è come me: unica”. Si tratta della pubblicità di una campagna intitolata “Vivi internet, al sicuro” lanciata il 20 ottobre 2015 da Altroconsumo -che sul suo sito (altroconsumo.it) si definisce “la prima e la più diffusa associazione di consumatori in Italia con i suoi oltre 370.000 soci”, vedi box- e Google. L’obiettivo della collaborazione è ridimensionare “dubbi e preoccupazioni” dimostrando “che se usato bene internet è sicuro e pieno di potenzialità”.

Il battage dell’iniziativa Altroconsumo-Google ha coperto l’avvio -lo stesso giorno- a Milano di un’esperienza meno conosciuta: lo “Sportello reati informatici” (avvocatipermilano.it/sportello-reati-informatici/), nato a seguito di un Protocollo di intesa sottoscritto due anni fa tra la Procura (pool reati informatici, http://bit.ly/procura-reati-informatici), l’Ordine degli avvocati e il Comune di Milano. A far incontrare i tre soggetti è stata la consapevolezza, maturata negli anni, che a fronte della crescita costante del crimine informatico (dalle truffe su Ebay all’induzione con l’inganno a fornire informazioni personali online, dal furto di identità alla violazione dell’account), erano sempre più pronunciate le difficoltà da parte della vittima di costituirsi. In media, peraltro, il danno subito in rete non supera i 500 euro, rendendo così la tutela legale onerosa ed economicamente sconveniente. Lo “Sportello” è nato proprio per rompere questo circolo vizioso: la Procura di Milano ha tenuto così dei corsi di formazione per la polizia giudiziaria -chiamata a svolgere e gestire con accuratezza e competenza i primi accertamenti investigativi- e per gli avvocati (8 sessioni su 4 giornate). Per questi ultimi le materie trattate dal corpo docente -membri del pool reati informatici, del pool tutela soggetti deboli, ufficiali e agenti di polizia giudiziaria- andavano dalla “relazione con i gestori di telecomunicazione” alla trattazione dei “reati informatici con danno patrimoniale”, dalla “pedopornografia e diffamazione online” alla “corretta acquisizione delle evidenze informatiche”. Il Comune di Milano ha offerto gli spazi e messo a disposizione un criminologo (Walter Vannini).

Già dopo il primo modulo formativo (maggio 2014) 30 avvocati sono reperibili in 9 punti di contatto per ogni zona in cui è suddivisa la città, e prestano gratuitamente il proprio aiuto all’orientamento. Nel caso in cui dall’orientamento si dovesse passare alla consulenza, quest’ultima -in base al Protocollo sottoscritto- dovrà essere a tariffa agevolata. “Si tratta della messa in pratica di un principio molto importante legato alla professione di avvocato-spiega ad Ae Silvia Belloni, consigliere dell’Ordine milanese- e cioè quella che il nuovo ordinamento definisce ‘funzione sociale’”.
Il risultato: grazie ad un percorso di costruzione di “reti legali di solidarietà attiva”, che si son poste il problema della capacità risarcitoria dell’autore del crimine, il Comune di Milano ha potuto dare vita ad un fondo per le vittime per la criminalità informatica.
“Per vittima non va intesa solo la vittima diretta del reato -ricordano dallo staff dell’assessore competente, Cristina Tajani- ma anche il suo intorno affettivo e sociale; è la collettività che potrebbe usufruire del risarcimento come parte lesa”. Motivo per cui “sul fondo sono stati versati a partire dal 2014 circa 5.500 euro, cui si sono aggiunti nella seconda parte del 2015 ulteriori 7.000 euro circa che diventeranno spendibili nel 2016”. Attraverso queste risorse è stata inaugurata un’attività di formazione/informazione destinata “in questa prima fase sperimentale -spiegano dall’assessorato- ai soggetti che svolgono corsi di formazione presso le sedi del Settore Lavoro e Formazione”.

Di tutt’altro tenore è invece la campagna di Altroconsumo e Google, che si traduce in una guida di trenta pagine reperibile “gratis”, ma non scaricabile direttamente, solo dopo aver inviato ad Altroconsumo un numero di telefono per poter “gestire la richiesta”.
Nelle 32 pagine dell’inserto, il lemma “Google” compare 69 volte, “Internet” 55 (compresi tutti i piè di pagina con il nome della guida, che è “Vivi internet, al sicuro”), “Sicurezza” 24, “Privacy” 17, “Web” 11, “Diritto” 2, “Oblio” 0. Inoltre, in più di un passaggio la guida  pare ispirarsi alle pagine promozionali dei prodotti di Google, che ha coperto i costi di stampa per 10mila copie così come l’intero investimento pubblicitario della campagna, di cui per “prassi” non rende nota l’entità (e nemmeno Altroconsumo). Talvolta i riferimenti sono identici: nel paragrafo “Personalizzare gli annunci”, dove sono presentate le “Impostazioni annunci” di Google, la guida spiega: “È possibile modificare il tipo di annunci mostrati da Google affinché siano più pertinenti e utili per te”. La pagina di Google è identica: “Puoi modificare il tipo di annunci mostrati da Google affinché siano più pertinenti e utili per te”. Guida: “Puoi infatti indicare a Google che genere di annunci desideri vedere e non vedere”. Google: “Indica a Google quali tipi di annunci desideri vedere e non vedere”. Fino ai consigli su come “Navigare con lo smartphone” (pag. 16): “È con un uno smartphone che Google Maps dà il meglio di sé”.

“Tutto ciò non pone alcun problema, perché ogni passaggio della guida è stato rivisto insieme -spiega ad Ae a proposito dei contenuti dell’inserto Marco Pierani, responsabile delle Relazioni esterne di Altroconsumo-. La guida, così come il sito sono co-branded, quindi non ci siamo nascosti dietro un dito: questa è una guida che abbiamo fatto con Google, come la campagna. Poi, nel merito della specifica cosa potremo anche aver sbagliato, ma l’abbiamo rivisto e andava bene così. Per noi è un prodotto fatto con Google”.

Il 20 ottobre la campagna è stata presentata alla Camera dei Deputati, presso la Sala della Regina. Tra i relatori è intervenuto l’avvocato Guido Scorza, in qualità di presidente dell’Istituto per le Politiche dell’Innovazione (il sito istitutoinnovazione.eu è fermo dal 2012): “Sono felice che […] il professionista per antonomasia ai tempi di internet, l’imprenditore che vende servizi a tre miliardi di soggetti, e l’associazione leader di consumatori in Italia, si ritrovino con un ‘tag’ semplice che è educazione al consumo in rete”, ha detto Scorza, che è membro dell’unità di missione per l’attuazione dell’agenda digitale italiana della Presidenza del Consiglio dei ministri, insegna Diritto dell’informatica a Bologna, cura blog su ilfattoquotidiano.it e l’Espresso (e altri ancora), è uno dei legali di Altroconsumo e, secondo una biografia conservata in rete, fa parte di uno studio legale (Scorza Riccio & Partners, ora E-Lex Belisario Scorza Riccio & Partners) attivo in passato nel “supporto legale nella gestione dell’attività di lobby a società nazionali e multinazionali”. Sono innumerevoli le sue prese di posizione o articoli a sostegno di Google contro la sentenza della Corte di giustizia europea che nel maggio 2014 l’ha riconosciuta come responsabile del trattamento dei dati personali degli utenti (per approfondimenti rimandiamo al nostro “Trolls Inc.”, altreconomia.it/libri). O, da ultimo, contro il riconoscimento delle responsabilità penali dei grandi provider (Google, Facebook) rispetto ai contenuti veicolati online: “La sensazione -ha scritto infatti Scorza sul suo blog de ilfattoquotidiano.it il 12 novembre di quest’anno- è che il convincimento diffuso secondo il quale chi fa business su contenuti altrui debba risponderne, sia un frutto avvelenato che minaccia di regalarci un’interminabile sequenza di vittorie di Pirro”.

È un approccio a bassa intensità che taglia fuori Procure, avvocati ed enti locali (assenti infatti dalla guida “Vivi internet, al sicuro”). L’esatto contrario di quel che sta accadendo a Milano.

Basta la telefonata
Secondo Altroconsumo nel ventunesimo secolo un’associazione dei consumatori può fare (anche) business, e -come una vera azienda- presenta una architettura aziendale complessa. All’associazione -nata nel 1973 a Milano, oggi conta circa 373mila soci-, si affiancano così una Fondazione -titolare tra l’altro del contratto con Google- e alcune srl.
La più importante è senz’altro Altroconsumo edizioni (oggi è interamente controllata dalla Fondazione, ma in passato alcune quote erano detenute da società con sede in Lussemburgo), che pubblica la rivista omonima e altre 2 testate, e nel 2014 ha fatturato oltre 45 milioni di euro.
L’abbonamento “base” costa 96 euro all’anno, e comprende 15,40 euro di quota associativa. Paolo Martinello, presidente della Fondazione, spiega che “Altroconsumo (associazione, Fondazione, società editoriale…) costituisce di fatto un’unica realtà”.  Inserendo il proprio numero di telefono nel form dedicato alla guida “Vivi internet, al sicuro” (un progetto della Fondazione, di cui parliamo nel pezzo principale), si riceve una telefonata durante la quale viene offerto di diventare socio (dell’associazione) e di ricevere gratuitamente per sei mesi la rivista (pubblicata dalla srl).
Recentemente è poi nata anche Altroconsumo connect, che sta operando per ottenere la qualifica di intermediario assicurativo per iniziare a vendere polizze. “15 anni fa abbiamo realizzato le prime banche dati di RC Auto -continua Martinello-: il consumatore poteva consultarle, informarsi, ma poi andava altrove ad acquistare la sua polizza”. Oggi Altroconsumo punta a venderle direttamente. (luca martinelli)

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