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Perché parliamo di canapa

L’Italia, che era il secondo produttore mondiale negli anni Quaranta, ha abbandonato questa coltura amica dell’ambiente. Eppure la Cannabis sativa L è alta e robusta, adatta alla coltivazione con metodi naturali; assorbe CO2 e depura i terreni; cresce rapidamente per lasciare spazio ad altre colture; le proprietà nutrizionali dei suoi semi ne fanno un toccasana per la salute alimentare; mentre i fiori, impiegati in medicina, hanno importanti proprietà curative. L’introduzione del libro "Il filo di canapa"

La pianta madre della economia verde ha foglie a sette punte: è alta e robusta, adatta alla coltivazione con metodi naturali; assorbe CO2 e depura i terreni; cresce rapidamente per lasciare spazio ad altre colture; le proprietà nutrizionali dei suoi semi ne fanno un toccasana per la salute alimentare; mentre i fiori, impiegati in medicina, hanno importanti proprietà curative.
La canapa è una pianta antichissima della quale ci siamo dimenticati (o meglio, han fatto in modo che ci dimenticassimo). L’Italia, da secondo produttore mondiale negli anni Quaranta, ha abbandonato questa coltura amica dell’ambiente: per la fatica della lavorazione manuale, per i pregiudizi cresciuti attorno ai suoi effetti psicotropi e – soprattutto – per l’interesse delle grandi multinazionali, orientate all’industria del petrolio e dei suoi derivati.
In questi tempi in cui si parla molto di cambiamenti climatici e dell’urgenza di trovare un modello alternativo da seguire, per la sopravvivenza, riscoprire la canapa è una scelta non solo doverosa, ma di semplice buon senso. Ed è stato lavorando a questo piccolo manuale che me ne sono resa conto: scrivere di canapa è la naturale prosecuzione della mia ricerca sulla biodiversità in agricoltura.

Un’altra tappa di quel percorso che indica un’alternativa all’attuale, distruttivo modello di consumo e sviluppo.
“Cambiamo il sistema, non il clima”, recitava uno slogan dei movimenti in manifestazione alla Conferenza sul clima di Parigi (Cop 21) del dicembre 2015. Il primo passo verso questo cambiamento, da fare collettivamente, è l’uscita dalla dipendenza del petrolio. La scelta della canapa, va in questa direzione, anche se di questo tema, tuttavia, nessuno ha parlato durante la conferenza ufficiale. Il nuovo Accordo internazionale sul clima (consultabile qui: http://unfccc.int/resource/docs/2015/cop21/eng/l09r01.pdf), firmato da quasi 200 Paesi – gli stessi responsabili delle emissioni di gas serra che stanno soffocando il Pianeta -, entrerà in vigore nel 2020 e prevede di limitare a + 1,5 gradi l’aumento della temperatura media globale rispetto ai valori dell’era preindustriale.

L’accordo prevede anche che i Paesi industrializzati eroghino, dal 2020, 100 miliardi l’anno per promuovere tecnologie a basso impatto ambientale, verso un’economia più verde. A ben vedere sarebbe sufficiente investire una parte di questi soldi nella promozione della cultura e della coltivazione della canapa: alcuni percorsi in questa direzione sono già tracciati. Mentre i governi mondiali discutevano l’accordo di Parigi, infatti, al “Global Village of Alternatives” di Montreuil, si animava il “World hemp quarter”: promosso dalla rete internazionale di realtà “hemp friendly” Initiative chanvre (www.initiativechanvre.com) per mostrare le soluzioni che offre la canapa e condividere le esperienze di filiere locali e aziende agricole dedicate alla canapicoltura, testimoni della transizione verso un mondo più sostenibile.

Anche in Italia, negli ultimi anni, si stanno diffondendo le realtà che tornano a lavorare sulla canapa, nei suoi diversi aspetti.
È quello che mostriamo nelle pagine del libro "Il filo di canapa": un’alternativa ecologica alla crisi ambientale e climatica è a portata di mano – grazie alla canapa – e in molte zone si è già tradotta in esperienza concreta. Basti pensare che quasi tutti i materiali e prodotti inquinanti che ci circondano, potrebbero essere sostituiti da derivati naturali dalla canapa, pianta versatile coltivabile in modo ecologico, nonché fitodepurante e protettiva dei terreni. Dall’alimentazione (semi e olio) alle alternative alla petrolchimica (plastiche resistenti, ma biodegradabili); dalla carta (con rese in fibra per ettaro 4 volte superiori a quella degli alberi da cellulosa) all’edilizia (con un risparmio di gas ed elettricità fino al 40% rispetto ai normali edifici e una riduzione del 75% delle emissioni di CO2); dalle fibre tessili, sane e resistenti, alla cosmesi e – soprattutto – alla medicina.
Seguendo questo “filo di canapa” scoprirete questi molteplici usi e troverete tanti aspetti pratici e concreti per approfondire la conoscenza della Cannabis sativa L.. L’eco-pianta del “ritorno al futuro”.

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