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Diritti

E se ripudiassimo il debito?

Trovo assurdo che stiamo zitti mentre a Roma stanno demolendo servizi, sicurezza sociale e beni comuni in nome del debito pubblico. La mia opinione è che se proprio dobbiamo andare verso il pareggio di bilancio dobbiamo farlo tassando i redditi…

Trovo assurdo che stiamo zitti mentre a Roma stanno demolendo servizi, sicurezza sociale e beni comuni in nome del debito pubblico. La mia opinione è che se proprio dobbiamo andare verso il pareggio di bilancio dobbiamo farlo tassando i redditi alti, organizzando seriamente la lotta all’evasione fiscale, impedendo la fuga dei capitali nei paradisi fiscali, riducendo le spese militari, ritirandoci dalle missioni colonialistiche, riducendo gli stipendi degli eletti, eliminando gli sprechi di palazzo.

Dotarsi di un sistema fiscale equo, eliminare i privilegi ed evitare lo spreco di denaro pubblico è un dovere  che abbiamo indipendentemente dal debito pubblico ed è sbagliato parlarne solo quando c’è un attacco speculativo contro lo stato. Anzi, quello è proprio il momento in cui non dobbiamo parlarne, perchè altre sono le risposte da dare a banche, assicurazioni e fondi di investimento che vogliono approfittare delle difficoltà degli stati per arricchirsi per sé.

Quando questi signori, genericamente definiti mercati, pretendono di prendere gli Stati alla gola, vanno rimessi al loro posto, ricordando loro due cose: 1) la sovranità non appartiene ai mercati, ma al popolo; 2) l’interesse collettivo è preminente rispetto agli interessi individuali e se lo stato è in difficoltà deve uscirne salvaguardando i diritti di tutti e i beni comuni.

Ecco perchè penso che l’unica risposta da dare alla speculazione è il congelamento del debito ossia la sospensione del pagamento degli interessi e della restituzione del capitale in attesa di tempi migliori. Una scelta sostenuta da tre considerazioni: 1) oltre l’80% del debito pubblico è detenuto da banche, assicurazioni e fondi in gran parte esteri; 2) il debito pubblico si è formato anche grazie ai contributi dati a banche e imprese per tirarle fuori dal fallimento; 3) l’ammontare degli interessi (80 miliardi di euro all’anno pari al 20% delle entrate tributarie) ha già ripagato abbondantemente il capitale prestato originariamente, pertanto si tratta di una rendita pura.

Sollecito tutti ad espirmersi rispetto a questa presa di posizione, perchè non trovo giusto finire come i polli spennati e perchè non va bene che in nome dei guadagni di pochi seghiamo il ramo della democrazia su cui sediamo e  torniamo indietro di secoli ripetto a valori come equità, solidarietà, diritti.

Francesco Gesualdi, Centro Nuovo Modello di Sviluppo
 

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