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Ambiente

Il parco salva Padova

Un freno verde al cemento nelle aree agricole, tra Brenta e Bacchiglione —

Tratto da Altreconomia 148 — Aprile 2013

Il fronte del cemento avanza su Padova. Sui cartelli le (future) “Ville nel Parco”, mentre le reti che disegnano i confini del nuovo quartiere sfiorano il Parco del Basso Isonzo. Tredici ettari, “che il Comune dovrebbe assegnare attraverso un bando, perché diventi una fattoria urbana dedicata all’agricoltura biologica” spiega Sergio Lironi, architetto e presidente onorario di Legambiente Padova: “Il Parco avrebbe dovuto essere molto più grande, con aree boscate, radure, giardini, aree attrezzate per il tempo libero e orti urbani”. Progetti che non ci sono più nemmeno sulla carta, cancellati e sostituiti da nuove residenze. In nome delle perequazione.
Padova è una città da salvare, dallo sprawl. Una missione da realizzare grazie alla costituzione di un “Parco agropaesaggistico metropolitano tra i fiumi Brenta e Bacchiglione”. Da febbraio 2012 un’ampia schiera di associazioni ambientaliste, con il sostegno del comitato locale di “Salviamo il paesaggio”, è mobilitata “per” il parco.
“Un parco che non ha confini -racconta Lironi-, all’interno del quale riunire tutte le aree libere, un anello verde che rischia di scomparire”. Basta attraversare la città -e l’area metropolitana, formata da 17 Comuni- per capirlo: ad Abano Terme, nei Colli Euganei, è in costruzione il nuovo raccordo stradale con Padova. Dove s’inserirà nella viabilità esistente, è prevista la costruzione di un centro commerciale, sui terreni agricoli e sulla preziosa Villa Mocenigo. Nel territorio dello stesso comune, a Giarre, un campo da golf potrebbe occupare 70 ettari, nei pressi del Canale di Battaglia. Diciotto buche su campi ancora arati. Oltre la strada ci sono le fondamenta del Parco acquatico di Abano Terme: “Il cantiere è fermo. Avrebbero voluto trasformarci nella ‘Rimini delle terme’” scherza Gianni Sandon, membro di Legambiente e consigliere del Parco regionale dei Colli Euganei.  “Il ‘nostro’ parco troverebbe posto, come progetto strategico della Regione Veneto nell’ambito di una variante al Piano territorio regionale di coordinamento del 2009, che è in discussione” racconta Lironi. L’Istat certifica l’esigenza di un limite: tra il 2000 e il 2010 in tutto il Veneto la superficie agricola è diminuita di oltre 180mila ettari; più o meno, quella che erano andata persa nei trent’anni precedenti. Tra il 1970 e il 2000, Padova e i comuni dell’area metropolitana hanno perso il 25% della superficie agricola. Ecco che il Parco agropaesaggistico metropolitano diventa lo strumento di difesa delle aree agricole sopravvissute. 

Il cui simbolo è il Circolo di campagna Wigwam “Il presidio… sotto il portico” (sites.google.com/site/ilpresidiowigwam). Attraversando la Zona industriale di Padova (Zip), s’arriva a una casa contadina, testimonianza di un paesaggio veneto quasi totalmente scomparso, tra i capannoni e l’autostrada A13: “Siamo sotto esproprio, dagli anni 50” racconta il signor Francesco Pagnin, che vive nelle casa con la moglie, Maria. Ha sempre fatto il contadino. Oggi ha quasi ottant’anni ma i suoi terreni, 7 ettari, sono ancora coltivati: grazie al figlio Stefano, sono diventati un “presidio” agricolo, sociale e culturale. Un simbolo, per Padova. “Secondo il Piano paesaggistico regionale gli interventi devono favorire le aree degradate, come quella intorno al Wigwam” spiega Lironi. Era un’area degradata anche la ex cava di sabbia di Rubano. Poi, negli anni Settanta, “i cittadini hanno dato vita a una campagna popolare per l’acquisto dell’area, ‘1m2 di ossigeno’, mettendo a disposizione del Comune 30 milioni di lire” racconta Carlo Bettio. Oggi l’area s’è trasformata nel Parco etnografico di Rubano (parcodirubano.org), bloccando l’espansione edilizia in un’area alle porta di Padova, lungo la statale per Vicenza. Dentro trovano spazio un pollaio condiviso e orti urbani, “assegnati dal Comune per bando ai cittadini che non dispongono di terra e che dichiarano di seguire i principi dell’agricoltura biologica”, racconta Silvia Ferro di DiversaMenteBio (silviaferro.it), consulente per il Parco. “La campagna veneta è votata ai cereali. Stiamo realizzando alcune prove varietali di tipologie per panificazione” racconta Jacopo, che ogni notte inforna il “pane del Parco”, con farine bio e pasta madre. Si vende nello spaccio all’interno del Parco, a diversi Gas, negozi al dettaglio e ristoranti del padovano. Buone pratiche da moltiplicare. —

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